20 Febbraio 2013
Coco Bandero - San Blas (Panama)
Contro tutte le regole di navigazione entriamo tra i reef dell’arcipelago
di San Blas all’imbrunire. E’ notte
quando gettiamo l’ancora a pochi metri
dalla playa e dal reef, a Cayo Holandes west. Conosco il posto l’ultima volta
ci sono stato nel 2005 o nel 2006.
Solo anni fa, prima dell’avvento del GPS ma soprattutto di chartplotter
a costi accettabili, ciò non sarebbe stato possibile. Questo rende possibile
anche molto altro, ad esempio attorno a noi ci sono altre 5 barche alla fonda, di
cui 3 italiane.
Un tizio italiano con Lagoon pieno di gente si avvicina e mi
fa “…mi scusi è un Grand Soleil...”
“Ma il Grand Soleil tua sorella!!!! Barca di mmerd..”, penso mentre continuo a preparare il gommone, visto che finalmente sono quasi riuscito a muovere tutta la famiglia assieme, per scendere in spiaggia e fare una nuotata al reef, e non voglio fallire proprio negli ultimi istanti.
Impresa titanica la coordinazione di tutto ciò.
Ci ho messo un po’ ad abituarmi a tutta sta folla, ma e solo
per questi mesi, da marzo in poi la situazione è più tranquilla perché scatta
il tempo limite per attraversare il pacifico. Qui rimangono una decina di
barche di irriducibili, ad affrontare la stagione dei fulmini più pesa del
mondo. C’e chi ha fuso tutto l’impianto di bordo già un paio di volte, ma è un
posto talmente bello che capisco benissimo chi rimane ad oltranza. C’e chi è
qui da oltre 15 anni, sempre ancorato nello stesso posto a parte un viaggetto a
Colon per fare carena una volta all’anno.
Il tempo passa, anche per Julio, che era già li nel 1979, mentre compivamo il mio primo giro del mondo
in famiglia. Arrivammo proprio qui in
questo ancoraggio. Allora eravamo due barche in tutto l’arcipelago. Appena
arrivati un paio di Kuna, (Guna come vogliono farsi chiamare adesso), aveva
appena catturato un enorme tartaruga e ci invito a assaggiarne le uova crude.
Poche cose al mondo fanno più schifo, ma qui si vive di quello che c’é, allora
come oggi.
Ma torniamo a Julio, 76 anni, da 50 vive su questo piccolo
cayo del gruppo di Holandes curando i cocchi, che per la copra sono la fonte di
economia principale di queste isole. Ha avuto 5 mogli, le male lingue dicono
che ne ha ammazzate un paio, ma non siamo di questo avviso anzi assieme a chi
lo conosce bene, pensiamo che sia il Kuna più in gamba di tutto l’arcipelago, soprattutto
una persona molto dolce e aperta. Ultimamente diceva al mio amico Eduardo del
“Pura Vida”, passeggiando nel viottolo, perfettamente pulito della sua isola, "Tempo fa ero rimasto solo, allora ho chiesto
al congreso (l’organo di governo di ogni tribù), di mandarmene una nuova. Mi
hanno mandato questa qui. Non è molto sveglia..…pero nel amaca è una piragna!" e ride.
Quindi vuol dire che Julio, 76 anni passati, e signora… qua ancora… nell’amaca…va beh lasciamo perdere. Certo che se vivono in un posto come questo non è che si stressano più di tanto.
Oramai da quel giorno è passato un mese abbondante, ho fatto
il mio giro, salutato gli amici, conosciuti di nuovi, controllato il territorio
per vedere quanto e come è cambiato. Molto e non sempre in meglio. Ma come dice
Victor, il primo saila, (sindaco) di Nargana, "El progreso Vittorio el
progeso!!"
Narganà è la più moderna da sempre. Ci sono più case di cemento
della media e tutti parlano spagnolo, anche tra loro, perché ha un passato
coloniale. Poi in una notte, nel 1929 hanno ammazzati tutti e 400 i bianchi,
uomini donne e bambini, quando hanno deciso che, forse, la nostra civiltà non
era poi tutta sta gran cosa. Adesso pero passeggi tra capanne con pannelli
solari e tv, con schermi ultrapiatti che trasmettono le stesse porcherie nostre.
Fa un certo effetto vedere una nonna Kuna in vestito tradizionale guardare
N.C.I.S in uno schermo grande il doppio di quello che c’e nella mia casa di
terra.
Era inevitabile e non è neanche sbagliato, visto che comunque
i Kuna governano da 100 anni, e senza interferenze, il Kuna Yala la loro
grandissima riserva. Hanno parlamentari a Panama e perfino un rappresentante
all’ONU, e fino ad oggi hanno sempre deciso tutto loro. Delle 5 tribu degli
indiani americani sono i più “sgamati” e ricchi, senza aver avuto bisogno di
fare dei casinò, come gli indiani del nord america, o degradandosi a vivere
come noi. La faccio breve perché su 'sti argomenti si potrebbe parlare una vita,
diciamo che hanno fatto un passo avanti verso un iniziale felicità e una finale
tristezza.
E sempre così arriva una barca vela, poi dopo un po’ due,
tre ecc e poi la strada o la pista dell’aereo porto, poi tutto il resto. Il primo
contributo a tutto ciò viene da tutte quelle teste di
cazzo che girano il mondo in barca
facendo niente o quasi, e che dicono di essere felici fuori dalla nostro
sistema, mentre “vendono” la terra degli altri senza pensarci un minuto. Scrivono
guide e danno indicazioni, coordinate geografiche e pure cartine per non
schiantarsi nei reef. Sarebbe meglio
tenere la cosa per se e lasciare anche la gioia a chi gira, e ha un approccio
diverso, di scoprirle da soli queste cose. Anche in Italia ne abbiamo avuto una
bella rappresentanza e anche a casa mia prima di capirlo ci abbiamo messo un
po’. Insomma articoli di qua, articoli di la, ed ecco qui che se non parli
italiano non fai un passo.
I più vengono a lavorare con le barche durante i mesi
invernali e poi tirano in secco a cartaghena, Colombia, o in marina a Colon o a
Panamarina, dal “francese”. Sulla costa tra Portobello e Isla Grande
Dicevamo che c’e invece un gruppo di irriducibili “stranieri
di San Blas” che vive di poco o niente e di un rapporto in grande armonia con i
Kuna. Due o tre barche Italiane, un paio
di francesi, un americana , spagnoli,…. Li capisco sempre di più. Impianto
elettrico fuso al 50% di probabilità a parte.
Vorrei farlo anche io e prima o poi ci arrivo, pero: barca
senza motore, o con avviamento a mano , luci a petrolio, cucina a petrolio e
niente gadgets. Mica ho voglia di passare l’altra meta dell’anno a litigare
con un assicurazione (calamità naturale), e a riparare il tutto
Anche i miei ragazzi hanno subito il fascino di questi posti
e anche a causa della totale mancanza di lavoro per giovani in Italia e fantasticano di lavorare qui.
Se volete scoprirle imbarcatevi con Eduardo e Adriana, due belle persone super a posto e iperprofessional,
una barca molto accogliente, la conoscenza perfetta della gente e dei posti e
un entusiasmo sempre vivo per quello che fanno. Sono qui da 7 anni. Fulmini
inclusi.
Tornando a noi sono qui che scrivo, tutto il giorno al
computer e in questo preciso momento
sono a Coco Bandero.
Quindi???? . Vi mollo ed esco subito. O vado a pescare sul reef o mi faccio un paio di bordi in kite, che finalmente sono riuscito ad imparare, sempre in classifica molto dopo i miei figli, e adesso sono perfino capace di tornare da dove parto e fare anche qualche “zompo”.
Quindi???? . Vi mollo ed esco subito. O vado a pescare sul reef o mi faccio un paio di bordi in kite, che finalmente sono riuscito ad imparare, sempre in classifica molto dopo i miei figli, e adesso sono perfino capace di tornare da dove parto e fare anche qualche “zompo”.
Ecco il Lele in action a Cayo Holandes est.
Chi l’avrebbe mai detto a quasi 52 anni sono diventato un
“fottuto kiter” e ho intenzione di darci dentro fino a quando non ce ne andremo
da qui. Sarà verso fine marzo, per essere a St, Domingo pronti per la prima
nostra traversata scuola l’11 aprile prossimo.
Sono 500
miglia abbondanti a bordi secchi contro 30 nodi di vento
e 2 di corrente con delle belle onde spacca barche.
Sarà forse per questo
che qualcuno si ferma qui a costo di prendersi un paio di fulmini a stagione?.
Oltre a farsi venire le voglia della “lunga bolina” però, vedo oramai in giro poche barche capaci
di voltare la prua al mare e al vento e farcela senza rompersi.
Visitatore futuro tieni bene a mente che una volta qui, o
passi il canale e porti a casa la barca facendo tutto il giro del mondo,
passando sotto l’Africa di bolina perché ad Aden ci sono i pirati), o vendi la
barca, o rimani qui per sempre, o fai prima e vieni a farti un giro con me, che
poi alla bolinata ci penso io... anzi ci pensa Huck Finn II.
Alla prossima,
Vittorio