giovedì 27 novembre 2014

Time of Wonder #8 - A casa


18 novembre 2014
Coco Bandero, San Blas, Kuna Yala, Panama


"Vittorio, Vittorioo!!...Viitttorioooooooo!"
9 di sera, Anna al timone non ce la fa più. È arrivato un po’ più di vento, siamo sui 16-18 nodi di reale al gran lasco, onda formata sui 2 metri. Non è che Anna non sia capace ma, come tutti gli altri che hanno provato, timonare Time of Wonder è una faccenda da "pescatori di merluzzo" o "pirati". 
In poche parole, capaci o no ci vuole gente di gran lunga più motivata e avvezza a soffrire che la media della gente che popola la parte civile del pianeta al giorno d’oggi. Cosiddetta "civile", io la chiamo semplicemente "ricca" . L’Italia o gli Stati Uniti saranno mica posti civili? Chiedetelo a chi, come nel medioevo, fa il servo della gleba, paga più degli altri e ottiene meno. Chiedetegli se la civiltà è Internet veloce o "etica veloce". Oppure è "pigliarselo-in-quel-posto- veloce!". Non mi dilungo perché faccio il marinaio e non il filosofo o il sociologo.


Vittorio Malingri - Ocean Experience






















A bordo del mio peschereccio a vela/pirata siamo ancora in un mondo spietato. Io comando e ho diritto di vita e di morte su chiunque. La vita è dura qualsiasi cosa si faccia, non c’è acqua per lavarsi, non c'è posto per lamentarsi, non c’è posto per chi invece di darci dentro si inventa delle scuse. Soprattutto, come in ogni nave - che porti la bandiera nera o no - non c’è posto per il mugugno. E non è un paragrafo allegorico né di fantasia ma la pura realtà, che tendo ad inasprire e a mantenere nel tempo che verrà. Voglio seminare il terrore di imbarcarsi con me su Time of Wonder, voglio vedere facce pronte a tutto tra quelli che si imbarcheranno. Non mi interessa quanto sei bravo, mi interessa quanto non sei farlocco con la vita.
Chiedetelo a Robertone, Andrea, Anna, Valentina e Roberto che per il momento sono gli unici che ci hanno provato. Ho visto gente piangere al timone di Time of Wonder, e anche qui non scherzo. Quelli che non piangevano erano a dir poco perplessi e con le braccia rotte. Su 5 non hanno pianto solo due. Tutti sono stati in gamba e mi hanno dato una grossa mano. Di tutti ho ignorato rimostranze, dubbi, lamenti... e perché dovrei fornire alla gente delle scuse per essere dei "merda" con sé stessi?.


Vittorio Malingri - Ocean Experience
Anna sta ancora timonando e inizia ad avere ragione, il vento è troppo per tutta randa al lasco. È un alberello ma ha un picco di 6 metri e un boma di 10, solo la randa di maestra ha una superficie come quella di Huck Finn II che ha un palo di 26 metri ed è lunga 20. Non è né crudeltà né masochismo, che la gente pensi quello che vuole, io oramai sono uscito dagli schemi tanti anni fa (51 su 53 che ho). Il cervello mi funziona benissimo e so che (1) non devo dare spiegazioni a nessuno, (2) devo portarli tutti sani salvi e in un pezzo solo a destinazione, (3) se imparano qualcosa di diverso sulla vita da quello che è la loro esperienza personale è tanto di guadagnato, (4) se non arriviamo domattina boliniamo duramente tra i temporali e mancano 100 miglia, (5) Henry Morgan - che il demonio l’abbia in gloria - gli avrebbe messo una palla di piombo da 2 cm in mezzo agli occhi e poi l’avrebbe buttata ai numerosi squali che, conoscendolo bene, seguivano costantemente la sua nave. Io invece non gli sparo perché (1) non ho una pistola ad avancarica, e una raffica di Kalashnikov 7,62x39 lascerebbe ben poco per gli squali, (2) abbiamo una minore a bordo, meglio che certe cose le impari, diciamo, tra un paio d’anni, (3) adesso non ne può più ma gli fa bene, (4) è una mia amica e posso quindi infierire su di lei ancora per molti anni, (5) come sopra e quindi ho bisogno di gente che si cambi al timone per arrivare domani all’alba. E non sto scherzando neanche in questi due ultimi paragrafi.
Però alla fine Black Hugo è un 'pazzo' di pane. Mi metto io al timone pronto a tirarla in lungo, con il buon Roberto rassegnato ma sempre presente e pronto a rilevarmi anzi a timonare ben più di me, come sempre.
Dopo un oretta il vento è costantemente vicino ai 20 nodi e quindi diamo una mano. È sempre dura ma fattibile, dopo un po' Roberto mi dà il cambio. Strambiamo sui salti di vento. Dribbliamo i "merdoni" (temporali) e ci avviciniamo veloci a quella che per tutti qui a bordo è la meta... e per me è la casa.


Vittorio Malingri - Ocean Experience






















Robi si fa un bel turno kilometrico, mi sveglia poco prima dell’alba e lo rilevo di nuovo. Siamo a 30 miglia e devo strambare. Strambiamo. Il vento è ancora al lasco, ma si vede avanzare da S un bel fronte temporalesco di altocumuli da 10.000 metri. Pioggia, vento, fulmini e saette. Vai!!! Ancora più concentrato. Il giochino vero infatti, quando ne sai abbastanza di manovrare, timonare e fare camminare le barche, è la "partita" con la meteo. Che sia una corsa, una crociera o un trasferimento c’è una situazione meteorologica data e al giorno d’oggi conosciuta e con un evoluzione prevedibile, con una grossa percentuale di successo, almeno per qualche giorno. C’è una via d’uscita... quasi sempre. Questo insegnamo ai nostri allievi nelle lezioni meteo su Huck Finn II. 
Farcela è un’altra cosa, presuppone conoscenza, esperienza e possedere un "dono" un senso in più, oppure come me o Giovanni o Yves Parlier o Loick  e tanti altri, essere un "indio dell’oceano", avercela dento senza ragionare, riconoscere i segni, avere esperienza del sentiero. In mare non si vedono ma per ogni rotta ci sono dei sentieri. C’è chi li vede e chi li conosce e chi no. Un classico esempio è che si pensa che la Ostar (transatlantica in solitario) sia una regata di bolina... sì per i "visi pallidi", ed effettivamente in qualche rara edizione per tutti. Mai fatto planate al lasco così fighe come alla Ostar, quasi neanche nei mari del Sud. Certo il tuoi migliori amici devono essere il Polo Nord e il centro delle depressioni del Nord Atlantico, 70-75 nodi per qualche ora in cui veramente ti chiedi perché sei così stronzo da essere lì. Poi i giorni seguenti mentre plani al lasco ti chiedi anche: "ma se sei stronzo lì, lo sei anche il resto del tempo?"Ok ragazzi ve l’ho servita su un piatto d’argento...infierite pure. Ma occhio che se vi becco vi inchiodo al timone di Time of Wonder in un lasco con vento fresco, a “tutta randa” nel vero senso della parola.


Vittorio Malingri - Ocean Experience
Le miglia al Canal Caobo, nostro punto di entrata nel arcipelago, diminuiscono. Diminuiscono anche quelle tra i temporali e noi. È una situazione al cardiopalma. Sto muto, se gli altri hanno capito bene se no... molto meglio. Timono concentrato, il vento salta. Cinque miglia. Si iniziano a vedere le cime delle palme di Cayo Holandes Este... nelle schiarite tra pioggia e pioggia. Strambo ancora, rotta a SE e mi porto a E del canale vicino al reef di Coco Bandero.
Fin da piccoli mio padre ci ha allenati - con i giochi più disparati presi dai suoi ricordi, dagli scout, dai libri di Kipling e di altri - ad orientarci, a ricordare, a memorizzare i luoghi. So dove è ogni singola testa di corallo della parte che conosco di queste isole. La carta mi serve per arrivare qui, poi sono un Kuna. Ricordo anche tutte le teste di corallo che ci sono tra Playa Sirena e Cayo Rosario, nella laguna di cayo Largo a Cuba, quelle della pass di Morea o di Bora Bora o dell’entrata dell’atollo di Ahe, nelle Taumotù. Alcune le vedo chiaramente, altre le sento come inquietudiune, altre ancora le vedo con gli occhi perché inspiegabilmente cerco in una direzione precisa. Poi quando ci sono in mezzo... "vado in para" e perdo ogni sicurezza, le guardo e le riguardo me le fisso nella mente come la "mappa del tesoro". Il tesoro di rimanere vivo.
Due miglia. Cambia il vento e una raffica con pioggia si mette da SE poi da S. "Fottiti sono dentro e ben a E, quindi puggio e continuo al lasco. Tiè!!" . OKKEIII, dice Eddy Murphy in RAW, in uno sketch in cui fa finta di avere la meglio in uno scazzo con la sua donna, ma si capisce benissimo che è "sotto" di brutto. Così quando è convinto di averla in pugno lei gli dice "Non ti appartengo!. Cosa hai fatto per me recentemente?"Lui capisce che è fregato...
E io pure, si oscura il cielo. Non vedo più neanche l’albero di trinchetto a 10 metri da me. Sono in un canale tra reefs con onda frangente, zero visibilità, vento e pioggia battente. San GPS e l’Indio decidono che sarà meglio tirar giù qualcosa, tipo... tuttooo!. E invece non tiro giù niente perché in una schiarita vedo qualcosa, capisco dove sono e guadagno il ridosso dalle onde. Appena prima di un temporale ancora più forte e ben più lungo.

Lesson number 1: il mare e la natura saranno sempre più forti di te, non ci sono mezzi tecnologici che possano sfuggire a questa legge. Lesson number 2: la stupidità umana non ha limiti. Lesson number 3: includersi nelle due leggi precedenti, se fai così forse hai speranza di rimanere vivo perché la legge principale (Code0) è che:  il mare che ti lascia passare non tu che ce la fai". Essere bravi vuol dire conoscere la vela in funzione dei voleri del mare e cioè far fare alla tua barca tutto il possibile per assecondare.
Voi cosa fareste? Andreste da Godzilla lo guardereste dritto negli occhi e poi gli tirereste un calcio nei coglioni?. No way, io di solito quando lo vedo gli dico  "Hey God come butta? serve qualcosa amico?".
Prima o poi mi sgama che faccio lo spavaldo e mi mangia in un boccone. Però per il momento... Io e Roberto, in maglietta e calzoncini ammainiamo tutte le vele, in mezzo ad una pioggia torrenziale. Acqua dolce, bella calda e super abbondante. Si lavano alla perfezione, cime, vele. ponte, noi stessi medesimi, alberi... insomma tutto quello che avremmo dovuto lavare noi alla fine di 2.150 miglia di traversata. San Blas all included.
Piove per altre due ore. Nelle schiarite ci avviciniamo a motore. Decido di andare a esplorare un pezzo di laguna che non conosco, sotto la pioggia e con visibilità intermittente. Ve l’ho detto che la stupidità umana non ha limiti. Ma se uno lo sa lo fa cautamente, e quando si accorge che non è storia gira il mezzo e va a buttare il ferro davanti all’isola di Julio, Cayo Holandes W, dove la prima volta sono arrivato nel 1978 durante il giro di due anni che facemmo in famiglia e amici da ragazzi. Ci sono un paio di barche, di ferro, messe male... francesi.


Vittorio Malingri - Ocean Experience






















Buttiamo il ferro e iniziamo a sistemare la barca in vista di una nuova vita balneare: scaletta, gommone, motore, tendalini, pinne, maschere ecc., secchiello e paletta... ed ecco che dalla barca rossa si stacca uno e a nuoto veloce si avvicina. Sono sempre diffidente della umanità in special modo appena arrivato da viaggi in mare dove non ho visto anima viva oltre ai miei, su cui vi ho già detto ho diritto di vita e di morte. Ragazzi non voglio fare il duro, io faccio il comandante di professione e non lo "skipper-fighetto-baciami-il-culo-farlok-friendly". In barca e famiglia la democrazia NON ESISTE e non deve esistere. Se non la pensi così devi essere pronto a dare a tuo figlio, di 6 anni, le chiavi di casa, dell’auto e la tua carta di credito, invece di nasconderti dietro a scemenze tipo: "ma si farebbe male" "è per il suo bene", rivelando che sei il solito dittatore del cazzo che tiene il potere per sé e per la sua cerchia ristretta, e un gran farlocco. Ovviamente lo faccio solo nel mio, creato da me, so benissimo di essere un dittatore di quelli veri, convinti, e da aver paura... e per cui balli la mia musica.

Comunque, si avvicina uno sbarbato biondo - il solito fricchettone (pieno di soldi) che si sta facendo il suo anno sabbatico senza aver mai piegato la schiena, se non sui libri di scuola a spese dei suoi vecchi. Non sono razzista, sono stato fricchettone e tutto il resto a spese dei miei vecchi e per cui, con una certa coerenza, gli dico "Bonjour!Lui mi guarda e mi dice "Sorry I don’t speak spanish" con un bell'accento tedesco.


Vittorio Malingri - Ocean Experience



















E questi qui vorrebbero prendersi l’Europa a due soldi? Dopo che i saldi li hanno organizzati loro?? Ma continuiamo a fargli credere di sì, come fanno i Greci. Quindi sorvolo sull’ignoranza e gli sfodero il mio migliore accento inglese, non gringo, dicendogli "I beg your pardon? What I can do for you?
Lui... bisogna che prima vi spieghi che tra Colombia e Panama c’è la giungla più nera del mondo. È piena di giaguari, anaconde, coccodrilli e qualsiasi specie letale esistente, dall'insetto quasi invisibile al guerrigliero delle FARC con elicottero Cobra armato di tutto punto. I due paesi si odiamo, insomma non c’è la strada e non si passa. Siccome il giro del Sud America rimane un must per qualsiasi idiota (l’ho fatto anche io ma nel Centro America ed erano gli anni '80) che, se fosse in sintonia con i tempi si dirigerebbe in Russia, Cina, nell'India produttiva, (e non nella Parvati Valley o a Goa), in Indonesia, Africa o Sud Africa, in Australia, in poche parole al di fuori dei classici e sorpassati vuoti e vecchi, immobili e sfiniti Stati Uniti d'America, Sud America ed Europa. Insomma invece di andare dove il mondo vive, pulsa, costruisce il vero sistema futuro, sti ragazzi si trovano a Carthagena de las Indias con il dilemma: "chiedo al papi 1000 dollari per un biglietto aereo, oppure 600 per una settimana in barca di cui 4 giorni a San Blas, fumando canne dalla mattina alla sera e ballando sul ponte tutta la notte in equipaggi in cui le ragazze sono di gran lunga più numerose dei ragazzi?". Voi cosa fareste? Voglio dire, se poteste per un minuto smettere di essere dei merda e fare finta di essere delle persone irreprensibili?. Io non avrei avuto dubbi: "papi sgancia 1000 per l’aereo" e poi via: 600 per il passaggio in catamarano e i restanti in erba e birrette. Infatti non sono mica scemi neanche loro, e tutto ciò crea lavoro per una cinquantina di barche.

Tornando a noi il teutonico ricco e ignorante mi spiega che il suo "crazy skipper" francese è partito con solo pochi litri di nafta. Siccome hanno incontrato una tempesta, ha smotorato e se l’è giocata tutta. Adesso “Hans und froilein” sono bloccati li e non possono più muoversi. In poche parole: sarei risposto a vendergli della gasolio?. Guardo la barca e traduco i segni: ferro e rossa ai tropici (un coglione che morirà di caldo e di ruggine), vele a posto (doppiamente coglione, ma anche Hans e Froilein), pagare cosa? e con cosa?. "OK" gli dico in spagnolo "pas de problem, viens avec un jerican". Hans non capisce le parole, ma afferra il senso... in spagnolo. Parte come una scheggia a crawl fantozziano, e corre a dire a froilein che sono salvi. C’è un Kurdo - che parla solo spagnolo - che gli può vendere un po' di petrolio russo. Dopo un po’ arriva un francese, (old freak style updated 2014), in gommone con un bel 6 HP. Cioè arriva uno con una barca a vela di 8 metri funzionante, un gommone funzionante, che deve tirare su un'àncora da una rada fare 5 miglia a vela e rimetterla in un altra rada, a chiedermi se per favore gli presto - ha usato proprio questa parola -  un gallone di gasolio. "Mais naturellement mon ami, ça fait 4 dollars le gallon". Pensa te se devo farmi fare una sola dal solito scroccone dei mari con scritto in fronte non faccio un cazzo, non ho mai fatto un cazzo e non farò mai un cazzo. Traffici a parte. E no Fratello, l’abbiamo inventata noi negli anni '70 quella storia li. E adesso che cosa credi? di fare fesso la mamma di tutti i “brothers”?.


Vittorio Malingri - Ocean Experience






















"Ça fait 4 dollars le gallon". E lui "Ok donne moi 10 litre". E io verso e chiacchiero "Come ti chiami?". "Philippe". Ma guarda un po’ che fantasia i suoi vecchi  "e cosa fai da queste parti, Philippe?". "Vengo  dalla Colombia, porto i back-packers" Mi risponde convinto di trovarsi di fronte un milanese di Milano-centro, di quelli  che non hanno frequentato i corsi speciali ad Affori e Bruzzano e giocato con il 3° Celere. La mia parte preferita il "ciddone".
"Ah! che bello. E dopo che fai torni li a caricare un altro gruppo?" gli chiedo bello giulivo. Cambia espressione e dice "No, non posso più entrare". "Ah, che peccato; cocaina?" e lo guardo dritto negli occhi.
"Come fai a saperlo?", mi chiede sospetto, "lavoravo con un tipo che a mia insaputa si portava dietro un chilo in ogni viaggio e si è fatto beccare. E non mi ha neppure mai dato la mia parte."
Sei proprio un pirla, facciam barca, modo di fare, praticamente ce l’hai scritto in fronte. Poi e come contrabbandare il vino in Italia o i wurstel in Germania. Qui passano le tonnellate via terra, acqua e aria per il cliente Stati Uniti, e Panama è tranquillo ma è sempre Centro America, non manca niente in quel settore e i costi sono simili. Gli alzo 10 dollari per meno di due galloni che ho pagato 5 e lo saluto. Dopo 10 minuti sfrecciano rombando in direzione Porvenir e dogana. Sicuramente i 10 dollari li hanno messi Hans e Froilen perché come nelle barzellette c’è sempre un italiano, un francese e un tedesco.


Vittorio Malingri - Ocean Experience






















Porto a terra Valentina, Mila e Roberto. Anna si dirige verso il reef con maschera e pinne. A me, dopo una traversata piace sempre rimanere a bordo per un po’, possibilmente solo. Faccio i miei lavoretti metto posto, monto tendalini, mi fumo una sigaretta e mi bevo una birretta.
L’indomani mattina smotoriamo anche noi verso la dogana. Non c’è vento. Mentre passo davanti a Cayo Limon esce un gommone a tutta forza: sono Edo e Adriana che assieme a Roberto e Stewen sono i nostri migliori amici. Ci abbracciamo e scambiamo qualche parola.
"Come avete fatto a sapere che ero io? che ho una barca che non ha mai visto nessuno, una bandiera a stelle e strisce e una nera?". "Ma come!, stiamo leggendo i tuoi racconti sappiamo tutto" risponde Edo. E li ho capito che ho iniziato a fare dei danni, che la cosa mi è scappata di mano ed è diventata un po' di più che una lettera a parenti ed amici.
Proseguiamo verso Porvenir. Butto l’àncora vicino a Philippe - stranamente ancora a piede libero - e scendo. Saluto tutti perché li conosco e mi conoscono. La prima volta che sono venuto qui molti di loro non erano neanche nati. 
Le pratiche sono veloci, per essere in centro-sud America. Costi: 193$ il permesso di navigazione per un anno, 20$ la pratica di immigrazione, 100$ a testa chi entra in barca e resta più di tre giorni, niente i minori di 12 anni. Poi ufficio Kuna Yala. 20$ la barca, 5$ a testa l’equipaggio, 10$ a testa gli ospiti, ogni mese.

Roberto sbarca qui e prenderà l’aereo per Panama domani. Noi andiamo a Wichuwala, l’atollo vicino a tiro di gommone, a comperare una SIM panamense.
Allora cosa vuol dire un paese civile? Vuol dire un posto dove ci sono solo capanne di bambù, però per 3$ senza bisogno di mostrare alcun documento ti comperi una SIM. Mandi un sms a un numero che c’è scritto sulla SIM stessa. Ricevi un sms che contiene un programma che setta il tuo tablet o smartphone in 5 secondi. Fai una ricarica da 3$ e stai navigando in 4G due minuti dopo. Il mese costa 15$.
Un europeo penserà "Eh, certo ecco come vivono i delinquenti che non pagano le tasse". Nessun delinquente tra i Kuna, o meglio una percentuale molto più bassa che in qualsiasi civiltà occidentale. Chi delinque sul territorio? Stranieri: colombiani, panamensi stupidi, americani, europei. Qui la zona e tranquilla e di robaccia non se ne vede, se non hai gli occhi ben allenati. In ogni caso molto meno che a Milano o Madrid.


Vittorio Malingri - Ocean Experience






















Con Valentina, Mila e Anna leviamo ancora l’àncora e ci dirigiamo a Cayo Limon. Quando entro nel reef passo vicino ad un Camper & Nicholson 55 italiano per salutare. La signora mi vede e mi fa segno che l’acqua è bassa. Poi vedendo che proseguo come se niente fosse, giustamente premurosa, mi dice in inglese "It’s shallow water". "Grazie signora lo so, sono a casa mia qui" rimane un po’ stupita. Mi dirigo verso il mio ancoraggio passando di fianco alla barca di Edo e Adriana dove, grande sorpresa, ci sono a bordo altri amici.
Sono a casa.

Vittorio

domenica 16 novembre 2014

Time of Wonder #7


14 Novembre 2015
Mare dei Caraibi a 50 miglia a N di Barranquilla, Colombia.


Jolly Roger sempre a riva. Ne abbiamo due: uno con le tibie incrociate per l’uso ordinario, e uno con le sciabole incrociate... per le grandi occasioni. Per il momento nessuna preda è stata avvistata, ma mi serve lo stesso come segnavento perché la luce in testa d’albero e sempre mancante e il Windex si vede poco.

Vittorio Malingri - Ocean Experience




Siamo al quarto giorno di navigazione da Casa de Campo, (Rep. Dom.), e a 205 miglia dall’arrivo dal "covo" di Coco Bandero. Fino a qui è stata una navigazione tutta al contrario di quella precedente. Abbiamo issato le vele fuori dal porto, con due mani alla randa. Due giorni dopo le abbiamo tolte, stanotte le abbiamo riprese per 12 ore scarse e poi le abbiamo ridate. Tutto ciò sempre al lasco sullo stesso bordo senza quasi toccare le scotte. Una navigazione senza storia o meglio un altra storia. A Casa de Campo siamo arrivati a vela la mattina dopo l’ancoraggio a Saona. Mauro, un amico che dirige il cantiere del Marina, ci ha mandato incontro una delle sue barche a motore con Valentina, Mila e la batteria che ci ha permesso di accendere il motore ed entrare in marina. Scesi Roberto e Andrea, a bordo sono subentrati Valentina e Mila mia figlia di 4 anni, già migliaia di miglia di navigazione all’attivo e completamente a suo agio sopra e sotto coperta. Si sono imbarcati anche Roberto, un altro, e Anna, che navigano spesso con me.
La sosta è stata puramente tecnica e di poco interesse. Sono stato fermo due giorni a fare cambusa e sostituire l’alternatore. Ho lavorato sempre, 16 ore al giorno, non ho visto niente di nuovo. Non vedevo l’ora di andarmene. È una tappa che scelgo solo per il basso costo degli aerei e perché ho - anche qui - la mia piccola rete di fornitori e amici il che mi permette di trovare ed aggiustare rapidamente le cose durante le tappe, di solito molto serrate, del programma di scuola vela di Huck Finn II. Di solito faccio scalo qui in primavera proveniente da Panama anche perché bolinare contro aliseo e corrente da San Blas fino alla Repubblica Dominicana è infinitamente più breve che fino in Guadalupa. Altro punto di aerei low cost e fornitori.


Vittorio Malingri - Ocean Experience






La Repubblica Dominicana è il posto peggiore dei Caraibi, dopo Puerto Rico. Certo ci sono ottime persone dappertutto, e anche qui, ma possiamo dire che in generale i dominicani, indipendentemente dalla situazione economica, sono i più ignoranti e con le aspirazioni più scontate di tutti i loro confratelli caraibici. Strano perché qui è iniziato tutto, con Colombo e gli spagnoli, la capitale St. Domingo è una bellissima città, piena di storia... ma la gente è lobotomizzata in partenza. Shopping al primo posto dei possibili divertimenti, mangiare schifezze al secondo, battere sui tasti di un telefonino al terzo. Nessuna altra aspirazione oltre all’ovvia fuga a... Puerto Rico, che è USA ma non continentale, come ogni emigrante che si rispetti.
Niente a che vedere con Cuba, Venezuela, Colombia; neppure a Panama  brillano di ingegno, ma mai poco come qui. La cosa deve essere infettiva perché anche gli stranieri stabilitisi sull’isola, italiani compresi, sono livellati con la popolazione. Ovviamente ci sono eccezioni e noi abbiamo amici come i fratelli Caslini che portano avanti il cantiere di Casa de Campo e sono concessionari per il caribe Benetti, Azimuth e altri marchi di yacht a motore, e l’ottimo Franco Pistone che alterna la scuola vela a Porto Cervo con quella qui a Casa de Campo o Mario che ha qui l’unico ristorante che ci possiamo permettere. Casa de Campo è un enorme resort con ville, golf, marina e villaggio in stile "finto vecchio/vero schifo" (tipo Porto Cervo, stessi architetti) popolato dai ricchi più kitch del pianeta - da Gaucci a Julio Iglesias a Michael Jordan.


Vittorio Malingri - Ocean Experience
























Prima facevamo scalo nel fiume, a La Romana. Ancora e catena verso la foce del fiume, due cime sui piloni del ponte. Acqua marrone, carcere a sinistra e cantieraccio fatiscente a dritta. Ladri all’aspetto, sbirri corrotti,  carcerati che urlavano all’indirizzo delle mie hostess. Treno carico di canna da zucchero che passava ogni ora sulle nostre teste riempiendo la barca di pezzi di canna. In paradiso ci stavo da re: uno sempre di guardia sul ponte e una torbida città a portata. A Casa de Campo invece si è lontani da tutto, è tutto un mondo di plastica, carissimo, gli sbirri sono molto più esosi e per andare in città è un viaggio. 
Bei tempi quando in un vicolo buio al ritorno da un ottima magnata creola in un baracchino di strada per $1.5 a testa e da qualche birra bevuta in un "bar de putas", dovevo a calci e pugni allontanare tre ragazzi che mi avevano puntato alla gola due chiodi da falegname lunghi 20 cm. Il tutto con Mauri, bell’amico, che dietro le spalle gli diceva "lo tiene el... lo tiene el el dinero!". Lo dico sul serio, sia la storia sia che erano bei tempi rispetto alla sosta a Casa de Campo. Questa volta tra balzelli statali e "propina" a sbirri vari, tra pratiche di arrivo e partenza, abbiamo speso 550 dollari. Un mese di vita a San Blas in 4 a bordo con tutti gli optional e souvenir inclusi!. Qui non si tratta di esser venali, lo dico per spiegare quanto poco costa la vita da queste parti e quanto tanti sono 550 dollari per questa brava gente, e soprattutto quanto schifoso sia che a prenderseli siano quei pochi che uno stipendio l’hanno già. Credo sarà l’ultima volta che mi vedono qui.


Vittorio Malingri - Ocean Experience































Unica nota positiva della sosta è che ho potuto seguire la Route du Rhum e l’arrivo del mio buon amico Loick, che si conferma "leggenda" e più grande marinaio al mondo. Ma lo sapevamo già. Chi non lo conosce dice che è stronzo. È tutto il contrario, è un ottima persona, simpaticissimo e gentile. Da lui ho imparato tanto, correndogli a fianco e, qualche volta, dandogli anche la biada, come sul trimarano. Da lui ho avuto la laurea oceanica, nel senso che all’arrivo di una Ostar disse pubblicamente che la regata migliore l’avevamo fatta io e Giovanni; lui aveva vinto in assoluto arrivando giorni prima con un multiscafo. Da lui ho imparato che le barche si devono portare sempre in modo molto morbido, senza forzare con troppa velatura e senza cazzare a ferro. Come  invece fa la diffusissima specie dei "cazzoni". Le barche, e questa da cui vi scrivo in particolare, non devono perdere energie nelle forzature, come ingavonarsi troppo in un onda perché forzate da vele troppo tese... a dire il vero neanche noi umani dobbiamo perdere troppe energie nelle forzature, cioè in quelle situazioni che si vede che non vanno, nel compromesso, nelle storie sbagliate. Mollare le scotte e puggiare è sempre un ottima opzione, nel mare e nella vita.
A parte la vittoria di Peyron, contando che ho seguito solo fino al 10 novembre e non so ancora quello che è successo dopo, non ho visto niente di eclatante.  Come è noto non seguo le fregnacce da ufficio stampa diffuse da gionali e siti, che rendono sempre tutti vincenti e raccontano poco delle realtà delle cose, a me interessa vedere la lotta là dove c’è. Io guardo la carta delle posizioni in relazione al meteo, le rotte, le virate e le strambate, in sintesi le scelte operate, guardo le velocità e conosco il terreno. La lotta c’è dove le barche sono ad armi pari, cioè della stessa classe e della stessa competitività. È l’unico modo per riconoscere il valore vero degli skipper o se stanno "rubando la palla ai bambini" cosa diffusissima al giorno d’oggi.
E si vede bene ad esempio in questa Class 40 dove dominano Kito e Alex, che ho conosciuto alle Azzorre la scorsa primavera, ma solo perché il solito francese ha rotto tutto. Seguono per valore ed esperienza tutti gli altri. La classifica Class 40 rispecchia la realtà delle possibilità reali e della bravura dei partecipanti. Chi è avanti e più bravo, chi è dietro lo è meno. È una specie di ranking list della vela oceanica; italiani entro il 10° non ce ne sono. Anche in Imoca vediamo il valore di skipper, barca e shore team ma è il monotono duello tra i soliti due. La classe dei trimarani giganti raccoglie barche molto diverse tra loro, ci sono solo due o tre avversari per genere: Banque Pop. e Spindrift e l’ex Groupeama i giganti, Sodebo e Idec quelli da record in solitario, e i MOD 70; in realtà sono 3 classi. La classe Multi 50 è interessante perché le barche sono quasi uguali; io tifo sempre per Lalou Roucayol perché è bravo come marinaio e soprattutto come umano. Anche lui è una di quelle figure che, dall’inizio della mia carriera in questo genere di corse, mi ha sempre dato una mano e un incoraggiamento. È stato sempre un gregario o un preparatore di Francis Joyon e Banque Pop in generale, adesso è uno skipper e lo vorrei vedere vincere. La classe Rhum è una barzelletta, ci sono dei multi diversi tra loro per tipo e lunghezza, un 50 piedi open competitivo e uno anteguerra, un 60 Open con una cariatide anche se blasonata a bordo. Non c’è storia né competizione, se sono bravi si vede più dalle opzioni meteo che prendono che dalla posizione in classifica. Anne è una veterana ed è bravissima ha la sua esperienza e lo sta dimostrando, altri al suo livello non ne vedo né con i multi né con i mono.


Vittorio Malingri - Ocean Experience
























Poi guardo i comunicati dei vari team e rido a crepapelle, specialmente sui virtuosismi giornalistici per salvare la situazione "siamo arrivati primi di quelli che non avevano la macchina del gelato!", "ero primo ma..." "Ho vinto la Ostar" quando hai vinto una classe minore in cui il secondo era o una barca da crociera lunga come la tuia o una più piccola. "Queste imprese hanno il 50% di possibilità di insuccesso... e noi subiamo questo". Col cavolo, queste imprese hanno il 100% di possibilità di insuccesso se condotte da principianti... e almeno non rovinate la piazza a quelli che non lo sono e magari stanno finanziando le stesse imprese. Queste sono cose dette e successe sul serio, che infatti hanno scatenato la reazione inversa: risate e sfottò. A parte che non funziona, ma soprattutto il pubblico non è scemo.
Rispetto al tempo in cui la vela oceanica ha conquistato con la sua forza narrativa pubblico e media, mi manca chi è capace di raccontare. La generazione Franck Cammas e quella dopo (ottimi marinai e persone) sono freddi, non trasmettono. Oramai è solo performance, ma al pubblico non glie ne frega nulla non capisce la vela oceanica, non la fa. Perfino i giornalisti del settore ne capiscono poco. Chi tra loro, a parte Patrice Carpentier, ha mai partecipato a una prova oceanica?.
A mio avviso non è una colpa, soprattutto non lo è di nessuno, le cose cambiano: ci sono periodi migliori e più caldi che producono dei Terlain, dei Lamazou, dei Tabarly o dei Poupon, poeti degli oceani che trasmettono delle sensazioni. È così. Non siamo tutti dei tecnici, nessuno tra il pubblico c’è stato e quindi abbiamo bisogno di descrizioni di storie umane, di episodi divertenti o devastanti raccontati in video, in audio, con una foto o con una penna, che non può e non deve essere quella dell’addetto stampa. Se è così vuol dire che non hai niente dentro o che non lo sai esprimere. Puoi vincere quello che vuoi ma non c’é lo show. Non meriti uno sponsor perché non fai il lavoro per cui ti hanno dato un budget.


Vittorio Malingri - Ocean Experience
























"Ho fatto 750 miglia a 27 nodi di media!". Non me ne frega niente sentirlo da te in preziosi minuti di trasmissione video satellitare che potevi dedicare ad altro. C’è già scritto nei numeri della cartografia, nella tabella delle posizioni. Se mi presti il tuo attrezzo, e le tue condizioni meteo, ne faccio 751. Non sei un dio in terra per questo. Sei uno che mostra al mondo un'altra faccia della vita, l’opposto di quello che stiamo facendo tutti oggi. Stai facendo altro lì, stai dando forza e speranza a chi ti segue, battendo su dei tasti che si chiamano valori umani. Stai dicendo al mondo che sei libero e che lo possono essere tutti, e che i risultati si guadagnano prima sognando e poi realizzando i sogni con il duro lavoro e la dedizione, l’ausilio delle tecnica e dell’azienda fatta di persone normali e al tempo stesso eccezionali come te. Stai dicendo questo e tantissime altre cose, e se lo vuoi fare bene devi raccontare la tua storia. In sintesi vorrei sapere come te la sei passata, cosa hai pensato quando ti sei cagato in mano dalla paura, cosa hai mangiato. Vorrei sentire "ho sbagliato" e non lo sento mai. "Ho fatto un errore di tattica" e non "le carte meteo dicevano che ma..." Ce li hai gli occhi? E allora alzali e guarda se le carte meteo hanno ragione o no, se no sei tu che sbagli. È come in tutto: la tecnologia aiuta ma è l’uomo che fa la scelta. Il racconto non può essere sui mezzi tecnologici che le hanno permesse, deve essere quello delle paure che le hanno provocate e delle gioie che ne sono derivate.


Vittorio Malingri - Ocean Experience
















Io pubblico voglio una storia, una storia di avventure a puntate giornaliere. Voglio correre a casa o nella pausa pranzo, e non vedere l’ora di scoprire cosa è successo in questo che non è un reality ma la realtà di una storia vera. Al giorno d’oggi esistono poche opportunità di raccontare una "lunga storia vera a puntate in tempo reale", di captare l’attenzione della gente per giorni, a volte mesi. Poche opportunità di raccontare l’idea, la preparazione, lo svolgimento e il dopo di una lunga regata, di una lunga navigazione oceanica, compiute da un uomo solo o da due amici. Aziende scegliete la vela oceanica: anche se le tabelle a cui siete affezionate non lo dicono è una bomba per moltiplicare investimenti, è una miniera di bellissime storie. Prima però guardate bene l’uomo e verificate se è capace di raccontarle piuttosto che di vincere e basta. Se è capace di portare a casa - o di inviare via sat - dei testi appassionanti, delle belle immagini, scattate o girate bene. Non è mai stato facile fare il navigatore oceanico e non è mai stata solo una storia di capacità o di tecnica delle vela. Non funziona la ricetta "io mi occupo delle performance e ho degli specialisti che si occupano del resto", è vita vera e non fiction. E noi siamo esigenti. Un esempio tra tutti il tipo del Open 60 "Hugo Boss", mi sembra si chiami Thompson. Non vince mai niente ma comunica di brutto. Il Vendée Globe di "Roxi" due edizioni fa. I silenzi di Francis Joyon, lui sì che sa far trasparire la sua umanità con i numeri e le immagini, qualcuno che racconta una storia originale di sacrifici immani e non la solita di impresa di team work di specialisti super pieni di grana. Le sue imprese sono "io, mio padre e mio fratello ci siamo tirati su le maniche e con pochi soldi abbiamo costruito una bella barca, con cui ho preso il mare"...e spacca le birre in testa ai giornalisti che gli fanno domande idiote. Un grande, il "più" grande assieme a Loick. Fate la storia, non una vittoria.


Vittorio Malingri - Ocean Experience
Mentre loro arrivano in fila indiana a Guadelupe, noi di Time of Wonder siamo sempre qui a strambare al lasco davanti alla costa Colombiana. Costa che mi fa pensare a quando sul finire degli anni '70 e nei primi anni '80 passando qui davanti facevo il turno con sulle ginocchia il mio buon Marlin 30-30 caricato con proiettili espandenti: un fucile tipo Winchester con munizioni ad hoc per affondare barche aprendo degli squarci enormi nello scafo. Ammazzare gente non è mai stata la mia passione e io non sono John Wayne, al massimo farli nuotare un po' in mezzo agli  squali in attesa delle Guardia Costiera. Se volevi fare il pirata sul serio - non come noi che agiamo di bandiera e fantasia e basta - "beh dovevi pensarci prima, fratello". Non tutti i diportisti sono così stupidi da travestirsi da esca per squali e veleggiare in acque infestate dagli stessi senza le opportune contromisure. E tra essere pacifista e cretino c’è una bella differenza. Io sposo la filosofia di Kit Karson, "se proprio devo morire ne voglio portare con me il più possibile". Giuridicamente si chiama legittima difesa.

Oggi per fortuna la Colombia più tranquilla, anche se non completamente. Il Venezuela invece no, attacchi e assalti a barche sono frequenti da Trinidad alla Colombia. A La Guaira c’è un organizzazione con spie alle capitanerie di Grenada e in altre isole della parte meridionale dei Caraibi che segnalano le barche in partenza per posti come Las Aves o Los Roques. Dalle foci dell’Orinoco escono gommoni che fanno raid contro chi si avventura nelle baie della costa W di Trinidad; mentre l’ottimo Chaguaramas sulla costa E continua ad essere il posto migliore e più economico dove lasciare la barca in cantiere o fare dei lavori ai Caraibi. In conclusione il mondo è bello, vario e soprattutto molto grande, quindi basta preferire altre rotte e destinazioni a questi luoghi oramai ampiamente decaduti e lasciarli al turismo organizzato.



Vittorio Malingri - Ocean Experience
Dovremmo arrivare a San Blas domenica mattina, manca ancora poco alla fine di questo primo viaggio a bordo di Time of Wonder. Sono state 2.000 miglia di acqua, prima fredda e poi calda, scivolata sotto la nostra chiglia e di vento sulle nostre vele e sulla nostra pelle. I segni si vedono, piccole rotture qua e là, impianti da adeguare, perfino danni causati da caduta di persone che si sono aggrappate laddove non dovevano o si sono schiantate laddove era meglio non schiantarsi. Avrò il mio bel da fare nei prossimi due mesi: riparate i danni, rinforzare dove necessario, personalizzare le manovre, stravolgere gli impianti, verniciare la coperta, specialmente le zone a coppale e la falchetta a cui devo anche sostituire qualche piccolo pezzo di legno marcito. Alternerò questo alla pesca subacquea, all’ozio con gli amici, alla scoperta delle isole più remote e fuori dal solito giro della massa.
Anche San Blas, purtroppo, è alla fine della suo periodo selvaggio; negli ultimi 4 anni sono passate da 100 a 450 barche al giorno e forse ora ancora di più. La colpa è stata di tutti quelli che ne hanno parlato, noi compresi, e di conseguenza dei media che hanno fatto sevizi a tutto spiano sempre assetati di ultimi paradisi da rovinare. Anche i Kuna stanno facendo la loro parte, cedendo al business. Peccato che anche tra loro ce ne siano pochissimi che ne traggono vantaggio, i più perdono qualcosa rispetto al passato... e anche qui tutto il mondo è paese.

Vittorio

venerdì 14 novembre 2014

Time of Wonder #6 - Caraibi e la bara di David Jones


9 Novembre 2014
La Romana, Repubblica Dominicana


Verso l’alba del 6 Novembre Andrea entra sotto un enorme groppo.
In realtà non è un solo groppo. Si tratta di una zona cuscinetto tra l’anticiclone delle Azzorre e quello Americano. L’effetto non cambia: acqua a catinelle, raffiche di vento con salti fulminei di 180 gradi e, sempre e comunque, di bolina stretta. Non teniamo più la rotta per la nostra destinazione. Ad un certo punto appare un temporale scuro scuro che sembra l’occhio di Mordor, con tutta l’intenzione di spedire Time Of Wonder e il suo equipaggio dritti dritti in visita alla bara di David Jones.


Vittorio Malingri - Ocean Experience


Andrea mi sveglia ed esco. Avrò dormito sì e no due ore. Di solito mi riprendo bene in pochi minuti ma quando l’accumulo dei giorni precedenti è grosso fatico un po’ a svegliarmi del tutto. Abbiamo tenuto un ritmo serrato simile a una regata, tra i problemi tecnici di una barca nuova e una meteo che sembra prenderci in giro di continuo. Nessuno di noi è in gran forma. È anche frustrante vedere che nonostante le previsioni non siano male, la realtà invece è pessima. Mi ricorda un certo Paese... anche quello diretto a caduta libera nella tomba di David Jones.
Ma non gliela daremo vinta a bordo di Time of Wonder, (né in quel certo Paese), e iniziamo a lottare. Boliniamo con onda cortissima e mare che sembra bollire. Ci sono quattro onde diverse. A tratti il vento cala e mettiamo un po’ di motore. Poi, quando la barca sbanda troppo, lo spegniamo. Guadagniamo poca strada con enorme dispendio di fatica e la pioggia, incessante, ci logora. Il cambio di direzione del vento è continuo, durata massima di una condizione: il tempo di regolare le vele... poi cambia di nuovo. Sale e scende di intensità ma teniamo a riva tutto, a parte la randa di maestra che ha già due mani. Nelle raffiche più forti sventiamo, quando smotoriamo cazziamo i tre bomi al centro e lo yankee a ferro. Il tempo in cui la barca viaggia con una certa inerzia e velocità è un decimo del tutto. Vediamo del chiaro a sinistra e ci dirigiamo lì, giusto per scoprire che siamo tornati da dove siamo venuti. Il lungo groppo che sembra arrivare all’orizzonte si pone tra noi e la nostra meta. Ci sono cumuli altissimi. Non è che ci vada proprio di attraversare il “verdone” e finisce che rimaniamo a stringere, 40 gradi fuori rotta a sinistra. Ogni tanto veniamo inglobati di nuovo sotto una frangia di questo sistema di temporali. Accendi il motore, cazza tutte le vele al centro, quando il vento va via, spegni il motore, lasca e regola, tutto per totalizzare 3.5 nodi di velocità quando va bene e se il vento rientra a livelli proporzionati alla nostra velatura.

Siamo bagnati fuori e dentro, il morale non esattamente alle stelle. Mancano solo 295 miglia alla meta e sapere che i due giorni previsti diventeranno così tre non aiuta. In tutto ciò smette di funzionare anche l’alternatore e i soliti maneggi di fili e verifiche alla ricerca di falso contatto non funzionano. Le batterie erano già belle scariche e ora sappiamo che, forse, ci rimane 1 sola possibilità di accensione. La batteria del motore è morta da giorni e non tiene più la carica. Ce la teniamo per entrare in porto. D'ora in poi lampade a petrolio, niente luci di via, plotter e strumenti spenti - a parte il punto a mezzogiorno. Ne usciamo a tardo pomeriggio. Di nuovo bolina larga, mure a sinistra con vento da SE che piano piano allarga ad un glorioso traverso, mentre la nostra velocità sale sempre più: sei, sette, otto nodi, falchetta in acqua e temporali a tutto spiano da evitare. Time of Wonder - e ogni schooner in generale - dà il meglio di sé proprio tra la bolina larga e il lasco stretto. Su di nuovo tutta randa e via, con velocità crescente fino a sfiorare gli 8.5 nodi quasi fissi. Sono ricomparse le stelle e i temporali si diradano sempre più.


Vittorio Malingri - Ocean Experience



La mattina dopo ci vede sempre lanciati in rotta. Sole, nuvole da aliseo, onda regolare, uccelli. "In culo all’occhio di Mordor, a Mordor stesso e a tutti gli orchetti... e pure la visita alla tomba di David Jones per il momento è rimandata".
È la migliore giornata da quando siamo partiti. Sorrisoni, soddisfazione, speranza di arrivare. Siamo a 150 miglia dalla costa Nord di Puerto Rico e ci avviciniamo a palla di fucile. Approfitto per salire in testa all’albero di trinchetto. Recupero l’amantiglio - che si scrive con una m sola, me l’ha lasciato detto Giancarlo Basile in un commento ad uno di questi pezzi, grazie; assieme al nome dei famosi pezzi di legno forato che compongono i nostri arridatoi, bigotte, suggerito da Adriano, grazie anche a te. Adesso sì che sono un erudito, quasi, quasi lascio il mare e mi dedico all’insegnamento del gergo marinaro alla Lega Navale.
Recupero l’amantiglio del boma di trinchetta, che vola libero da due giorni e si è arrotolato attorno a qualsiasi cosa, il cui moschettone si è aperto durante una presa di terzaroli a causa dello sbattimento della randa e del suo boma. Faccio una marea di foto alla ciurma sul ponte e alla barca vista dall’alto. Pulizia generale, cibo di qualità, riposo. A sera rientriamo nei groppi, nel sottovento di Puerto Rico. Non abbiamo più la possibilità di accendere il motore. La velocità scende inesorabilmente... e sfuma anche l’arrivo il giorno seguente ad un ora decente.

Roby mi molla il timone verso le 4 del mattino. Faccio lo slalom tra i temporali per un po’, poi il vento rinforza da NW. Entriamo nel Mona Passage, il canale della Mona: di nome e di fatto! Valentina e Mila mi aspettano già da quattro giorni e voglio arrivare. Volo di bolina larga con tutta la tela a riva. Falchetta in acqua, o meglio sott’acqua, piove ininterrottamente da cinque ore. La barca vola e si guadagna tutto il mio rispetto. Non mi sono sbagliato. Ho una barca come le auto che piacciono a me: insospettabili ma maneggevoli e velocissime. Una volta le chiamavano "auto da rapina". Ho una "barca da rapina", due bandiere nere, del vento nelle vele, due amici che si riposano sottocoperta, una donna e una bambina che mi aspettano su una spiaggia tropicale, la pancia piena e una bottiglia di rhum da scolarmi quando saremo davanti a quella spiaggia. Sono felice. Prendiamo due mani, con Andrea che mi rileva. Siamo oramai di veterani del gaff rigged e portiamo a termine la manovra in un lampo sotto un groppo con la barca lanciata. Poi il vento cala, poi usciamo dal sottovento dell’isola. Smette di piovere e riprende un ottimo SE che ci spinge veloci verso Saona, un’isoletta attaccata alla punta SE della Repubblica Dominicana. Nel pomeriggio il vento cala e gira, siamo obbligati a strambare e scompare anche la speranza di arrivare stasera.

Stiamo bene, siamo un equipaggio... un gruppo direbbe qualche sociologo del cazzo del giorno d’oggi. Una ciurma dico io (e lo direbbe anche David Jones, quel vecchio pirata sepolto in fondo al mare).
Non sapete quante volte ho rimpianto di non essere nato nel’800. Non avrei avuto dubbio a scegliere quale parte in cui trarre il massimo dalla abilità velica. La mia!. Un paio di bandiere nere le ho sempre con me e quando qualche mercantile sembra non voglia cedere la rotta, ne invio una a riva. La mia specialità è filare a luci spente nella notte, specialmente adesso che il tricolore in testa d’albero è stato portato via dal vento e dai tonfi sulle onde. Insomma siamo lì che ce la raccontiamo e, come per magia, passo davanti al plotter e scopro che siamo dove dovevamo essere: sulla punta di un bassofondo e costeggiamo Saona.
È il tramonto, i colori sono spettacolari nel gioco di nuvole. Silenzio, sorrisi, odore di fuoco da legna nel buio, salsetta da una radio sgangherata. Costeggiamo a 500 metri da riva e... il vento cala di colpo. È arrivato il momento di giocarci il jolly di quella famosa accensione.
In nostro Westerbeke 53HP ci ride in faccia.


Vittorio Malingri - Ocean Experience
























Ok è inutile sperarci, che torni il vento... e a dire la verità siamo davanti a una delle spiagge più belle della Repubblica Dominicana. Vuoi vedere che tutto ciò non è un caso!. Il vento ci ha portato qui e il vento ci ha detto "basta, fermatevi qui e pensateci un po’ su. Non c’é nessuna fretta di arrivare in mezzo alla gente civile, alla società evoluta. Avvicinatevi alla spiaggia e calate il ferro".
Mettiamo in pratica. Una mezzoretta di sforzi e ci portiamo, a vela nel non vento, su quattro metri di sabbia dove buttiamo il ferro. Mettiamo tutto in ordine ammainiamo e serriamo la maestra. 
Via con una bella pastasciutta, vino rosso e aperitivo nell’attesa. Chiudiamo la serata aprendo e scolando tutta quella bella bottiglia di rhum di Bermuda trovata - anche qui non per caso - in un gavone nascosto e che non abbiamo mai avuto tempo di bere perché imparare ad usare Time of Wonder in mezzo alle burrasche dell’Oceano Atlantico del Nord in inverno non ce ne ha lasciato il tempo.
Ci vuole ben altro per spedire me, la mia ciurma e il mio schooner a rendere omaggio alla bara di quel fottuto pirata di David Jones.

Cptn Hugo Black
(alias Ismael, alias Vittorio Malingri)

...e fu così che, una volta giunti nel mar dei Caraibi, la tranquilla ciurma di pescatori di merluzzo di Time Of  Wonder calò la bandiera a stelle e strisce e issò una bandiera nera con disegnato, alla bell’e meglio, un teschio e due sciabole incrociate.

lunedì 10 novembre 2014

Time of Wonder #5 Out of the Storm


8 Novembre 2014
La Romana, Repubblica Dominicana


Scusate l'interruzione di qualche giorno, leggendo capirete il perché. 
In due parole possiamo dire che: la seconda parte della traversata, dal centro dell'anticiclone in giù, invece di essere quella in "discesa" si è rivelata quella in "salita".


Vittorio Malingri - Ocean Experience



































Eravamo rimasti al 30 ottobre con poco vento, un centinaio di miglia a SW di Bermuda che "sbolinavamo" per andare a prendere un vento portante in arrivo da NW che ci avrebbe portato rapidamente a destinazione regalandoci la parte tropicale di navigazione negli alisei dell'anticiclone americano.

Mi ero dimenticato di dirvi che nella lunga smotorata abbiamo avuto problemi di alternatore. Ogni tanto smetteva di caricare e io, toccando fili vari, sono sempre riuscito a farlo funzionare. 
Il fondo del pozzetto è anche il portello di accesso alla sala macchine. È bello tosto e pesante, lo ribalto verso prua appoggiandolo alle panche. Stupidamente non lo assicuro, pensando al rollio e non al beccheggio. Ad un certo punto mentre tutto filava a meraviglia e io guardavo soddisfatto le stelle pulendomi le mani, me lo sono preso in fronte di netto. Per buona sorte la ferramenta che lo chiude - e che mi avrebbe aperto il cranio in due - era solo 5 cm più a destra e io, sembrerebbe, ho anche la testa dura e non solo metaforicamente. Felicemente ho retto il colpo e non sono caduto sul motore acceso e sull'asse dell'elica in movimento. È andata bene!


Vittorio Malingri - Ocean Experience



















Il 31 il vento è arrivato nel pomeriggio, a sera volavamo al lasco con tutte le vele a riva e un mare sempre meno incrociato. Nella notte abbiamo dato due mani e poi tolto tutta la randa di maestra. Verso l'alba del 1° Novembre ho terzarolato da solo la randa di trinchetto. C'erano 30 nodi e la barca, sotto trinchetta e yankee bella "tirata dal naso", se la cavava egregiamente. Ho decantato le doti di Time of Wonder ma naturalmente ci sono anche i lati negativi. I "pescatori di merluzzo" era gente intelligente e se avessero avuto i materiali e la tecnica che abbiamo noi oggi sarebbero andati a pesca con un Class 40 da carico o con un Open in generale che rimangono le barche più marine e robuste in assoluto tra tutte le imbarcazioni.
Agli amanti e sostenitori della chiglia lunga posso serenamente dire "non avete capito un cazzo", siete  dei nostalgici e dei teorici. È un ottima cosa per andare diritto, fine dei vantaggi. Ma a volte capita anche di doverle fare girare le barche... e a volte capita di doverle fare girare "a bomba", magari prima di essere disintegrati da un frangente.

Comunque, tornado a noi... il vento si è stabilizzato sui 35 nodi, raffiche a 40, con onde frangenti di 5-6 metri. La barra del timone in spruce, contrastando le straorzate ad ogni onda, si torceva a livelli inimmaginabili. Mentre per ore ho messo in campo tutta la mia esperienza e abilità di timoniere con vento forte, ho occupato il mio cervello a pensare sistemi di rimpiazzarla una volta che si sarebbe rotta, perché era chiaro che si sarebbe rotta. Per fortuna Andrea, che mi rileva alle 4 del mattino, è un timoniere discreto e non ha avuto problemi per metà dal suo turno. All'alba c'erano 40 nodi e 6 metri d'onda frangente. Sentendo la barca che si muoveva stranamente mi sono svegliato, sono uscito e abbiamo prima ammainato lo yankee, poi la randa di trinchetto. Ma la sola trinchetta era troppo poco per andare veloci (memore di Vito Dumas "in questi casi tutta vela per fare correre la barca davanti al mare. "Polaccone", l'antenato del gennaker, "e mezzanella"). Quindi di nuovo su lo yankee. La parte brutta sono state le due passeggiate in fondo ai 4 metri di bompresso, senza crocette o rete sotto, per legare prima lo yankee e poi slegarlo di nuovo. Va da sé che in tutta questa storia abbiamo i giubbotti e le cinture di sicurezza incollati addosso. Con i soli fiocchi a riva per tutta la giornata non è cambiata la solfa, a parte una rotazione del vento in senso orario che da NW è passato abbastanza rapidamente a NE, reintroducendo un mare molto incrociato.



Vittorio Malingri - Ocean Experience























Roberto ha un esperienza più limitata e, some succede a tanti, ha giustamente grande preoccupazione e conoscenza dei suoi limiti. Però questo blocca le persone e impedisce di concentrarsi su quello che fanno creando insicurezza. Con una mia collaudatissima ricetta, a base di imprecazioni prima, di insulti urlati a pochi centimetri dalla faccia poi, nel perfetto stile del mio idolo: il sergente Hartmann di Full Metal Jacket, l'ho smontato e rimontato psicologicamente in un oretta. Gli ho impedito di passare mano dicendogli che fino a che non imparava sarebbe rimasto incollato al timone. Se avesse causato danni e incidenti - e ne fossimo usciti vivi - la mia maledizione l'avrebbe perseguitato per anni. Ricordo che ad un certo punto gli ho detto che sempre fino a che non imparava sarebbe stato inchiodato lì senza bere e mangiare, e all'apice gli ho pure detto che quando avrebbe imparato gli avrei fatto scopare mia sorella. Sotto insulti e minacce urlati da un pazzo con un taglio in fronte, nel bel mezzo di straorzate e strambate cinesi in un contesto di molto seria tempesta, nel giro di un oretta ha imparato.
Il giorno dopo però, in un debriefing sulla situazione, mi ha chiesto: "Ma tu ce l'hai una sorella?e io guardando altrove "No. Non ce l'ho una sorella".
E Roberto mugugnando "Lo sapevo che non avevi una sorella", e io di rimando "Però ho delle cugine!".

Per tutta la notte il vento ha continuato ad aumentare e a girare. Al mio turno, quando è comparsa la prima luce del giorno, ho iniziato ad avere veramente paura che si rompesse il timone. La barca no, è una roccia. Planate oltre 10-12 nodi di sicuro; in una - su un treno di onde anomale - ho visto la barca in discesa a 45 gradi con il bompresso già tutto nel cavo dell'onda e la prua che rimaneva sul pelo dell'acqua per miracolo. Ho iniziato a timonare guardando dietro e non più davanti. Ho iniziato a non usare più il pettine per bloccare la barra all'angolo desiderato, ma reggerla sempre con le braccia cedendo apposta nei momenti di maggiore sollecitazione, sulla straorzate, in modo da alleviare lo sforzo e non farla rompere. Ho escogitato tutte le modifiche per render la barra, appena possibile, più solida e la barca meno orziera in generale. Mi sono innamorato di questa barca e non la mollo. Penso di continuare a navigare con lei, forte di alcuni accorgimenti e delle bestemmie all'indirizzo degli amanti della chiglia lunga; ogni qualvolta dovesse servire a motivarmi e a tirare una nuova alba. Ad un certo punto un frangente mi ha portato via una panchetta che c'è all'estremità del castello di poppa. Non c'è niente che mi fa andare in bestia di più di qualcuno o qualcosa, che non sia io, che provoca danni alla mia imbarcazione. Non ostante l'ira ho continuato ad avere una sana paura fino a che il mare non si è addolcito e il vento leggermente calato. E lì, finalmente, ho passato la barra ad Andrea e sono crollato...


Vittorio Malingri - Ocean Experience

A sera avevamo ancora vento, girato ormai al traverso e molto meno. Reissate le rande, tutta quella di trinchetto e anche quella di maestra poi riterzarolata a due mani. Abbiamo volato per tutta la notte in un cielo che piano piano si schiariva e mostrava perfino qualche stella.
Cena a base di costine di vitello e patate saltate in padella. Animi che si riprendono. Silenzi, ripensando al passato.
Silenzi, contemplando una goletta lanciata nella notte nel mezzo dell'Oceano Atlantico del Nord... una brutta gatta da pelare in questa stagione.

Vittorio